5 Domande da porre al tuo Psicoterapeuta

Molto spesso, persone che mi chiedono una consulenza hanno precedentemente avuto esperienze di psicoterapia. A scopo informativo e anamnestico chiedo che tipo di terapia abbiano fatto. Nella 5 Domande da porre al tuo Psicoterapeutamaggioranza dei casi le persone non sanno spiegarmi che indirizzo psicoterapeutico i loro terapeuti seguissero.
Credo che intraprendere una psicoterapia sia una decisione importante e. di conseguenza, è fondamentale comprendere a cosa si va incontro. Sicuramente molta di questa disinformazione è da attribuire al terapeuta che, probabilmente, non riesce a mettersi nei panni del paziente.

Essere ben informati aiuta a ponderare le decisioni e ad evitare delusioni.

I pazienti si avvicinino alla psicoterapia con delle aspettative e dei desideri. Non è raro sentire persone che sostengono che dopo un percorso terapeutico di un anno  non hanno affrontato alcuni temi per loro fondamentali. È bene sapere che il concetto di tempo cambia tra i vari indirizzi: un anno di terapia per un percorso cognitivo-comportamentale è molto diverso da uno per un approccio psicanalitico.
Voglio sorvolare sullo smarrimento che i pazienti vivono quando il terapeuta assegna loro “compiti” per casa; gli “homeworks” sono una prassi abbastanza classica per l’approccio cognitivo-comportamentale. Se tale abitudine non è esplicitata precedentemente può creare disagio.
Al fine di aiutare i pazienti a prendere consapevolmente la loro scelta, voglio presentare le 5 domande fondamentali che, a mio parere, un paziente deve porre al terapeuta. Alcuni potrebbero storcere il naso nel sentire che sia il paziente a dover chiedere informazioni al terapeuta. Molti credono che dovrebbe essere il terapeuta a spiegare e ad illustrare cosa sia una psicoterapia e in cosa consiste. Io credo che non ci sia nulla di male nel fare le domande. 

Il paziente ha il DIRITTO di chiedere5 Domande da porre al tuo Psicoterapeuta informazioni e di ottenere delle risposte

Se il terapeuta tergiversa sulle risposte, potrebbe essere un primo indizio di come egli lavora.
Ma veniamo alle domande:

Quale indirizzo terapeutico si seguirà?

È una domanda fondamentale perché da molte indicazioni sul percorso terapeutico. Gli indirizzi terapeutici sono diversi, ognuno con delle proprie peculiarità, dei propri modi di agire e valutare le situazioni. Anche la tempistica può variare da  un indirizzo all’altro. La maggior parte degli approcci terapeutici può essere raggruppata in alcuni grandi insiemi: approcci psicodinamici, approcci cognitivo-comportamentali, approcci sistemici-relazionali, approcci umanistici.

Leggi anche: La Terapia Cognitivo-Comportamentale: caratteristiche

Qual è la teoria di base dell’approccio?

Anche se si ha paura che questa domanda sia troppo tecnica-teorica, è bene farla per capire un po’ il modello teorico e come quest’ultimo spiega il disagio psicologico. Chiedere queste informazioni aiuta anche a creare un linguaggio comune tra terapeuta e paziente.

Come si svolgeranno le sedute?

Non è raro che i pazienti si trovino in difficoltà quando si trovano a dover parlare liberamente per un’ora (cosa che può accadere negli approcci psicodinamici). Dall’altro verso, lo stesso può accadere quando il terapeuta è maggiormente attivo e direttivo (classico atteggiamento dei terapeuti ad indirizzo cognitivo-comportamentale). Chiedere come si svolgeranno le sedute, se ci sarà un ordine del giorno degli argomenti e chi deciderà quest’ordine permette ai pazienti di avere le idee chiare su cosa accadrà in terapia. Essere consapevoli della struttura delle sedute aiuta anche a diminuire le eventuali ansie da prestazione.

Quanto durerà?

Partiamo da un concetto fondamentale: non è possibile definire a priori la durata precisa del percorso. Anche accettando questa idea, il terapeuta saprà dire, orientativamente, se ci vorranno 6 mesi, 3 anni o 10 anni. Se l’approccio di riferimento è un indirizzo a breve termine, non si parlerà di vari anni, ma di alcuni mesi. Il terapeuta non ha il dono di prevedere il futuro e di dire con certezza il numero delle sedute. Solitamente, in base alla propria esperienza e al modello di riferimento che segue,  saprà dare delle indicazioni generali. Per esempio, nell’ambito cognitivo-comportamentale un disturbo d’ansia può essere trattato in pochi mesi. Conoscere la durata orientativa della terapia aiuta anche il paziente a prendere consapevolmente la decisione di proseguire o interrompere gli incontri.

Ci sono prove d’efficacia della terapia?5 Domande da porre al tuo Psicoterapeuta

Oggigiorno, la ricerca scientifica ha iniziato ad indagare in maniera oggettiva l’efficacia della psicoterapia. Negli ultimi anni si è raggiunta una maggiore conoscenza di quali indirizzi hanno ottenuto un riscontro scientifico. Molte psicoterapie sono state indagate con metodi scientifici e statistici e ne sono derivate indicazioni di efficacia. Gli approcci detti evidence-based sono quelli che hanno mostrato una percentuale di efficacia superiore all’effetto placebo e alla remissione spontanea del disturbo.

Non vergognarti nel porre queste domande ad uno psicoterapeuta, è un tuo diritto. Fare queste domande ti aiuterà a prendere le tue decisioni con più consapevolezza e determinazione.

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