Bentornati! Oggi voglio affrontare con voi un argomento che fa molto discutere e di cui si parla molto di frequente: la terapia cognitivo-comportamentale lavora solo sul sintomo.
Ti è mai capitato di ascoltare questa frase?
Voglio spiegarti cosa c’è dietro questa falsa convinzione. Alla fine dell’articolo sarai anche tu in grado di comprendere cosa c’è di vero in quello che spesso ti raccontano.
In un precedente articolo ti ho parlato delle caratteristiche della TCC. Se non lo hai letto lo trovi nel link in basso:
La terapia cognitivo-comportamentale: le caratteristiche
In un altro articolo ti ho parlato dei falsi miti che ancora la caratterizzano:
5 Falsi miti sulla Terapia Cognitivo-Comportamentale
Il falso miti più duro a morire è l’idea che la TCC lavori solo sul sintomo.
Da sempre sia su alcuni forum che parlando con le persone (anche colleghi) mi sento dire che la TCC è una buona terapia per lavorare sul sintomo ma poi non lavora sul profondo.
Chi fa queste affermazioni molto spesso non conosce la TCC, la sua storia e i suoi principi. Infatti, appena chiedo di spiegarmi come funziona la TCC mi sento rispondere in maniera evasiva.
Un po’ di storia…
Agli inizi, la psicoterapia comportamentale (notate bene…non cognitivo-comportamentale!!!) aveva come unico scopo cambiare il comportamento manifesto. Cosa significa? La Terapia comportamentale sosteneva che non era possibili analizzare e osservare scientificamente cosa c’era nella nostra mente e, di conseguenza, era inutile prestargli attenzione. L’approccio comportamentale si interessava solo a ciò che era evidente e misurabile: i comportamenti.
Le strategie comportamentali avevano l’unico scopo di modificare i comportamenti manifesti e controllabili.
Intorno agli anni ’60 grazie al lavoro di Aaron Beck e Albert Ellis, ci si è interessati a come la mente processava le informazioni. Si è capito che era possibile applicare l’indagine scientifica anche agli atteggiamenti mentali: convinzioni e credenze.
Con l’avvento del cognitivismo si è affermato l’approccio cognitivo-comportamentale.
Questo approccio ha lo scopo di cambiare i comportamenti problematici e proporne di nuovi ma anche lavorare sulle convinzioni che ne sono alla base.
L’approccio CC lavora sull’insieme di convinzioni e credenze che sono all’origine delle reazioni emotive e comportamentali.
Il termine cognitivo sta a indicare i pensieri, le convinzioni (lo schema mentale) che sono alla base del disturbo.
L’approccio cognitivo ha fatto proprio il principio secondo cui il nostro strato emotivo è la conseguenza del nostro modo di pensare. Se riusciamo a cambiare il nostro atteggiamento mentale riusciremo a cambiare il nostro stato emotivo.
La terapia cognitivo-comportamentale lavora solo sul sintomo?
Per correttezza, è bene sottolineare che nella TCC si tende (ma non è una regola ferrea) a lavorare prima sul sintomo allo scopo di aiutare la persona a riappropriarsi della propria quotidianità. In un secondo momento, si lavora sugli schemi profondi che sono alla base del disturbo. Il lavoro sulla parte profonda del proprio modo di pensare è fondamentale per evitare il ripresentarsi del problema.
Dire che la TCC lavora solo sul sintomo è indice che non si conosce bene l’approccio terapeutico.
Io spero che questo articolo ti sia stato d’aiuto a comprendere un po’ di più come funziona la TCC. Se hai domande o curiosità, scrivi nei commenti e io ti risponderò.
In basso trovi il video in cui parlo di questo argomento…e non dimenticare di iscriverti ad mio Canale Youtube ?